L’IMPROBABILE NECESSARIO: IL WELFARE CHE MENO TI ASPETTI

Pubblicato: ottobre 12, 2023 in Uncategorized
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Trasformare un’attività commerciale di quartiere in crisi in una gelateria di qualità, provando a coniugare svago, socialità, convivialità, radicamento territoriale e inserimento lavorativo di persone fragili; qualche volta, perché no, in gelateria si organizzano anche dibattiti, presentazioni di libri e mostre. Riconvertire alcuni spazi di un ex ospedale psichiatrico in un ambiente accogliente che, senza smarrire la memoria del luogo, ospita sotto lo stesso tetto turisti, lavoratori, gruppi, compagnie teatrali e persone coinvolte in percorsi di salute mentale, anche perché, come si sa, “da vicino nessuno è normale”. Fare dell’ottima ristorazione (provare per credere) valorizzando le competenze di persone con storie di marginalità e svantaggio. Quando un buon lavoro fa la differenza nella vita, ancor di più se si viene da storie di carcere, migrazione e sofferenza mentale, e se il posto diventa anche cool ancora meglio, perché ciò che è social non può essere anche bello e di successo? Trasformare un’attività di volontariato in un’impresa commerciale di riuso e riciclo che non dimentica i valori che l’hanno generata ma s’ingegna a reinterpretarli di continuo, al mutare dei tempi e nello sforzo di combinare insieme efficienza aziendale, equità, sostenibilità economica e solidarietà. Recuperare una cascina storica o un vecchio ospedale dando vita ad un borgo intergenerazionale e interculturale in cui convivono persone e famiglie differenti per età, storia e provenienza geografica, accomunati dal bisogno di un alloggio di qualità a basso costo e/o dal desiderio di uno stile di vita più comunitario. Minialloggi, appartamenti, spazi condivisi e attività collettive in un clima di scambio, mutuo aiuto e dialogo con il quartiere. Fare delle arti e della cultura, in tutte le forme possibili, uno straordinario campo di sperimentazione individuale e crescita sociale, soprattutto per persone e gruppi sociali con poca o nulla familiarità con la pratica artistica e la produzione culturale, magari scoprendo, con una certa meraviglia, dimensioni inedite e creative di sé, degli altri e del luogo in cui si vive, e che un museo, una biblioteca o un teatro possono contribuire a formare cittadini consapevoli e arricchire il senso di comunità. Affrontare i problemi della città investendo, con tenacia, cura e pazienza, sul coinvolgimento e la collaborazione di un’ampia platea di attori, senza rinunciare al proprio ruolo di amministratori pubblici, ma sapendo vedere e valorizzare i contributi di una vasta e composita platea di persone, gruppi e organizzazioni. Quando la migliore tradizione comunale italiana è capace di rimodularsi sulla contemporaneità e, muovendosi fra mille ostacoli e difficoltà, diventa un vero e proprio hub del mutualismo, del senso civico e della solidarietà diffusa. La politica nella sua forma più smagliante e, alla fin fine, più prossima alla vita quotidiana.

Amministrazione condivisa e imprenditoria sociale Queste sono alcune delle storie che il lettore può trovare nelle pagine del rapporto di ricerca L’improbabile necessario pubblicato da Consorzio Prisma di Vicenza con il sostegno della Fondazione Monte di Pietà; storie che hanno come protagonisti amministratori pubblici, imprenditori sociali, educatori, artigiani, insegnanti, architetti, artisti, volontari e semplici cittadini accomunati dal desiderio (e dalla volontà) di rendere migliore un pezzo di mondo (un paese, un quartiere, un rione), costruendo comunità locali più sane, libere, sicure e tolleranti. Da tempo si sottolinea quanto le società attuali abbiano bisogno di un valido settore pubblico, un privato efficiente, una società civile dinamica e una cittadinanza attiva e consapevole, il tutto interconnesso attraverso una governance condivisa. Si riflette (e si scrive) molto sulle possibili evoluzioni del welfare italiano in una direzione di maggiore sostenibilità, sussidiarietà e generatività. Il principale pregio del presente lavoro non sta tanto nella pretesa di suggerire un modello risolutivo (ammesso che esista) quanto di accompagnarci in una esplorazione sul terreno, là dove le cose succedono, ricostruendo le vicende progettuali e, soprattutto, provando ad estrarne gli apprendimenti. Per far questo è necessario saper andare oltre la mera narrazione, certo importante, di quello che “si fa”, innescando una riflessione che riesce a far emergere quello che “si impara” facendo le cose che si fanno: cosa l’esperienza insegna a chi l’ha fatta in prima persona e cosa insegna a noi che stiamo provando a conoscerla.  L’approccio individualista e settoriale alle questioni sociali, anche nella sua versione più vitale fatta di entusiasmo e abnegazione, si mostra sempre più inadeguato ad affrontare i problemi della complessità. L’eccesso di egoismo ci consegna un paesaggio morale dove s’intravvedono a fatica valori condivisi e dove l’enfasi dell’interesse privato e particolare ha creato profondi squilibri. L’alleanza virtuosa fra forme sempre più avanzate di amministrazione condivisa e di una imprenditoria sociale di comunità proattiva e cooperativa rappresenta un terreno promettente per un ampio ventaglio di policy pubbliche: dalla sanità alla cultura, dall’istruzione all’urbanistica, dal sociale all’ambiente, dall’emigrazione al lavoro. Le storie e gli insegnamenti raccolti in queste pagine mostrano una serie di sentieri possibili che, ci auguriamo, può incoraggiare altri a seguirne le tracce e, ancor di più, ad aprire nuove traiettorie (Ennio Ripamonti, 2023)


[1] Ripamonti Ennio, psicosociologo e formatore. È presidente della società di consulenza Metodi, insegna alla SUPSI di Lugano e all’Università Cattolica di Milano. EMAIL: ripamonti@retemetodi.it

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